Quando ho saputo che quest’anno i “Dieci Giorni Suonati” si sarebbero spostati da Vigevano a Milano, lo ammetto, ci sono rimasto davvero male. Ho avuto la fortuna e il privilegio di poter raccontare con qualche foto l’edizione passata, dieci show di artisti eccezionali che diversamente sarebbero arrivati in provincia di Pavia se non per un evento della portata di questo festival, e ho avuto da subito come la sensazione che tutti avrebbero perso qualcosa da questo cambio di location. Ok, è vero, c’è la crisi: l’organizzatore, non a torto, ci deve guadagnare e l’amministrazione vigevanese non ci doveva rimettere: tenere in piedi tutto quel circo per un mese è uno sforzo davvero notevole e solo una perfetta comunione di intenti avrebbe permesso lo svolgersi senza intoppi di una manifestazione di questo livello. Se a questo si aggiunge l’incertezza nella vendita dei biglietti, i conti sono presto fatti: si trasloca a Milano e tanti saluti al Magic Castle, che in tre edizioni aveva accolto Lenny Kravitz, Ben Harper, gli Incubus e tanti altri, con buona pace del Comune di Vigevano che ripiega su karaoke all’aperto e cineforum di fantozziana memoria…
Con questi pensieri in testa mi dirigevo domenica sera verso Milano, per andare ad assistere allo show di una band che ha fatto la storia del rock, quei Deep Purple che in 45 anni di carriera ci hanno regalato hit del calibro di “Smoke on the water” e “Black night”; tra il pubblico riconosco tanti pavesi pendolari della musica live che non si sono fatti scoraggiare da una manciata di kilometri in più ma che, ne sono certo, avrebbero preferito di gran lunga la cornice del Castello di Vigevano a quella, seppur di assoluto livello, dell’ippodromo milanese.
Ebbene, al primo colpo di batteria di Ian Paice, unico punto fermo della band in ben otto cambi di formazione, tutte queste preoccupazioni spariscono dalla testa per lasciare spazio a quasi due ore di rock, nelle quali la band propone sia pezzi storici tratti dal proprio immenso repertorio che qualche estratto dal loro ultimo album: a sentirli ad occhi chiusi nessuno direbbe che abbiano passato i sessant’anni da un pezzo (e a dir la verità qualcuno è già più vicino alle settanta primavere…).
Tra il pubblico, oltre 5000 presenze, ci sono persone di tutte le età, che dimostrano di apprezzare ogni singola nota suonata dal gruppo britannico. Tra assoli interminabili che ci ricordano, come se ce ne fosse bisogno, l’immensa statura di ogni singolo membro della band, la scaletta scorre veloce vino agli immancabili bis. Poi la musica si ferma, le luci si spengono, si torna a casa sicuri di aver assistito ad una serata di grande rock (anche se, a dirla tutta, questa pagina della storia l’avremmo ambientata più volentieri a Vigevano!).
alessandro molina – ilmola.it
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