Steve Jobs è stato il perfezionista, provocatore e ideatore della Apple, colui che ha cambiato il nostro modo di comunicare. A distanza di due anni dalla sua scomparsa, avvenuta a sole 56 primavere, arriva sul grande schermo il primo film ispirato alla sua storia.
Negli ultimi mesi le produzioni cinematografiche non hanno di certo lesinato sulla realizzazione di biografie di personaggi che in modi diversi si sono fatti ricordare. Sto pensando alla recente pellicola sulla principessa Diana, all’omaggio ad Hitchcock ritratto durante la lavorazione del capolavoro “Psycho” e ancora prima al film su Marylin. Questa volta è il turno di “Jobs” che, già presente nelle sale statunitensi, uscirà in Italia il 14 novembre.
Il film ripercorre il cammino che ha portato al successo il cofondatore della Apple considerando un lasso di tempo che va dal 1971, periodo in cui Jobs visse una fase hippy, al 2000, poco prima dell’invenzione dell’Ipod.
Vengono ritratte le vicende personali e professionali di Jobs, che, insofferente alla vita impiegatizia, decide di sfruttare le proprie doti di marketing per promuovere una scheda computer inventata dall’amico Steve Wozniak. Jobs riesce a venderne 100 unità ad un negozio di elettronica e decide quindi di coinvolgere alcuni amici per assemblarle nel garage dei genitori, iniziando così l’avventura della Apple. Seguono poi le vicende interne all’azienda, compreso il periodo di allontanamento ed il successivo ritorno al vertice della società.
Steve è un innovatore, rivoluzionario e visionario, questa la citazione che appare a caratteri cubitali nel trailer e difficilmente si riuscirebbe a ribattere, perché guardandosi attorno si verrebbe miseramente smentiti. Nonostante Steve sia stato e continuerà ad essere un grande ispiratore (come non citare il discorso ai neolaureati di Stanford) da oltreoceano arrivano alcune critiche secondo cui il ritratto proposto da Joshua Michael Stern è eccessivamente celebrativo e dimentica l’importanza del team. Del resto si potrebbe obiettare che Jobs rappresenta proprio uno di quei casi in cui una persona può fare la differenza.
Un cenno inevitabilmente va anche fatto al protagonista che interpreta Steve, ovvero Ashton Kutcher, una scelta per me poco comprensibile visto che la carriera di Kutcher è passata per programmi di scherzi tv e film leggeri. Va anche detto che l’attore ha una laurea in ingegneria biochimica ed è stato recentemente chiamato da Lenovo, una multinazionale cinese di tecnologia ed assunto come designer, dalla finzione alla realtà.
La storia di Steve, al di là che si apprezzino o meno i suoi prodotti, è indubbiamente affascinante, d’ispirazione e di speranza perché è la storia di un sogno che si è concretizzato grazie a volontà e impegno costanti. A mio avviso è molto interessante ciò che dà vita al desiderio di cambiare, ovvero la noia e l’insofferenza che spingono Jobs a cercare nuove strade. Spesso ci lasciamo cullare dalla quotidianità, così prevedibile e confortante da farci dimenticare di tutto quello che potremmo essere. Se sia questo il messaggio del film o sia solo la strumentalizzazione di un personaggio non ve lo so dire, ma quello che conta è ciò che noi ne possiamo cogliere, ricordandoci di “essere abbastanza folli da poter cambiare il mondo”, o, aggiungerei, almeno una piccola parte della nostra vita.
martina raggi