Polenta, osêi, ancora polenta: il Nordest italiano spesso si riduce a questo stereotipo culinario, figlio di un passato povero e agricolo. Nei secoli scorsi, le pianure e i colli del Friuli Venezia Giulia e Veneto sono state terre di miseria, abitate da contadini che trovavano nei pochi prodotti che quella terra gli offriva i propri mezzi di sostentamento: patate e formaggi prima di tutto.
Gli anni sono passati, le condizioni di vita di questa periferia di provincia nettamente migliorate ma la storia della sua cucina hanno lasciato un solco profondo nell’animo di tutti. Perché il cibo è cultura, nel bene e nel male, e attraverso le vecchie ricette ancora oggi è possibile ricostruire la Storia di questi luoghi, della gente che ci ha vissuto e delle importanti vicende che sono accadute: perfino la Grande Guerra.
Già, perché c’è un aneddoto molto interessante, rivelato l’anno scorso al festival Storia di Gorizia, che collega cucina e il primo conflitto mondiale: quando i soldati del Sud Italia combatterono nelle trincee del Carso o dell’Altopiano di Asiago, gli venne servito ogni giorno miseri ranci di riso. Il disgusto fu così grande per quel pasto che, una volta tornati a casa, i militari rifiutarono categoricamente dell’alimento dalle loro tavole. Una delle tante differenze tra Milano e Napoli, alla fine.
Con il passare del tempo le ricette si sono evolute, modificate, hanno trasformato in piatti ricercati pietanze che prima erano testimonianza di miseria. Dalla tradizione delle nonne i formaggi, le patate, le erbe hanno assunto un aspetto diverso nei ricettari dei grandi chef che hanno portato in giro per il mondo la tradizione dei propri avi. E con essa la storia dei luoghi natali: la pianura friulano-veneta, la Carnia, la Bassa Friulana, la zona brulla del Carso triestino e molte altre ancora.
Ma cosa fare per portare gli amanti della buona cucina e dei vini pregiati in questi luoghi densi di Storia? Il 2015 è l’anno dell’EXPO, lo sappiamo bene, ma vedere questa imponente manifestazione mondiale relegata solo a Milano è sbagliato. Perché nulla si accompagna meglio al cibo del viaggio, dell’ammirare paesaggi sconosciuti, conoscere la terra natia di prodotti come il formaggio Montasio, il tiramisù (la leggenda vuole che la ricetta originaria nacque tra le Prealpi carniche) e i vini del collio goriziano. Tutto unito da un unico, comune denominatore: Friuli Venezia Giulia.
Questa zona di confine e passaggio di moltissimi popoli per secoli, oggi ha l’occasione di mostrare al mondo intero la propria ricchezza, figlia di un passato contadino e umile. Dalla cucina alla Storia, legame indelebile segnato dagli splendori della cittadina di Aquileia con l’Impero Romano, il Patriarcato del Friuli dal Medioevo e durato per secoli, fino alla tragedia della Grande Guerra e le poesie di Pasolini. E mille altre cose ancora, che aspettano solo di essere vissute da chi le vorrà riscoprire.
Il progetto che si è prefissata Trieste è ambizioso: essere la porta d’ingresso in Italia dall’Est Europa per l’EXPO. In cantiere ci sono collegamenti via treno con Budapest, Zagabria, Lubiana e tante altre capitali, il tempo corre ma l’impresa non è impossibile. La manifestazione durerà fino a ottobre 2016 e il Friuli non scappa: la Storia non ha mai avuto un gusto così importante.
timothy dissegna