In un momento in cui in Italia c’è chi propone un referendum per il federalismo, referendum che difficilmente raggiungerebbe il quorum e, anche se lo raggiungesse, esprimerebbe, senza molti dubbi, un’opinione contraria a quella sostenuta dalla Lega, si torna a parlare di autonomie, ma, questa volta, in Spagna. Pur essendo suddivisa in 17 Comunità Autonome dal 1978, infatti, il riconoscimento della loro ruolo all’interno dello Stato non è egualitario. Prendendo in considerazione soltanto quelle con statuto linguistico autonomo (Catalogna, Comunità Valenziana, Paesi Baschi, Navarra e Galizia) è evidente che una in particolare è sempre stata lasciata maggiormente in disparte, ha sempre ricoperto un ruolo meno importante rispetto alle altre, principalmente per motivi economici.
Sia la Catalogna che i paesi Baschi, infatti, dai primi anni dell’Ottocento hanno goduto di un certo benessere e hanno fornito al Paese centri industriali importanti, motivi principali per cui, in seguito al movimento romantico, proprio in queste zone si sono sviluppati i primi movimenti nazionalisti. La Galizia, al contrario, è rimasta una zona prevalentemente rurale, ai margini della società spagnola e, ad aggravare questa posizione, con una forte divisione interna tra nazionalisti e non. Persino all’interno del dibattito linguistico esistono due posizioni opposte: una che ritiene che la normativizzazione del gallego debba essere basata sull’evoluzione del portoghese e l’altra che opta per seguire l’evoluzione del castigliano. Morale della favola: tra le autonomia con lingua propria è l’unica a non essere ancora riuscita a codificarla univocamente, cosa che va ad intaccare l’unità interna.
Eppure sembra che le cose stiano cambiando in meglio: la campagna elettorale del PP (il cui candidato presidente, Rajoy, è gallego), infatti, include anche l’appoggio all’indipendentismo gallego. Accantonando per un momento l’idea che si tratti soltanto di un mero specchietto per le allodole, la Spagna ci dimostrerebbe, ancora una volta, come sia possibile una politica centralizzata (è il governo di Madrid, infatti, a decidere su difesa, educazione, salute, tasse ed istruzione) basata, però, su una suddivisione interna in Comunità, suddivisione migliorabile sotto molti aspetti, ma pur sempre possibile.
Auspichiamo che le cose cambino anche per l’Italia. Bell’articolo.