GIOVANI VS DISOCCUPAZIONE. UNA BATTAGLIA DA VINCERE TUTTI I GIORNI.

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vignetta tratta dal sito: www.claudiodominech.com

Anno nuovo, vita nuova. O almeno è quello che vogliamo sperare. Sveglia, colazione, accendo il computer. La solita routine da quando, lo scorso 29 ottobre, ansie da esame e giornate passate sui libri trovano l’agognata parola fine: laurea. Scienze della Comunicazione, e un sogno nel cassetto. Il giornalismo.

Una volta acceso il pc, la giornata continua: controllo delle email – il più delle volte inutile -, controllo delle offerte di lavoro e stage proposte dall’Università – inerenti alla mia area didattica -, controllo delle offerte di lavoro di qualunque tipo – commessa, promoter, addetta bar, segretaria… la lista è lunga. Finito il giro di candidature alle quali probabilmente non riceverò mai risposta, leggo il giornale. È martedì 8 gennaio e la notizia più evidenziata, sulla quale cadono subito i miei occhi, è un triste argomento che in Italia ha fatto da protagonista negli ultimi anni: la disoccupazione giovanile. Prima che costernazione e angoscia si impossessino del mio stato d’animo, cerco di capire il perché. Già, perché?

Per disoccupazione giovanile si intende l’inattività di ragazzi di età compresa tra i 15 e 24 anni. Secondo l’Istat, la percentuale di giovani disoccupati oggi si aggira attorno al 37,1 ed è il dato più alto dal lontano gennaio 2004. Questo vuol dire che più di un ragazzo su tre è disoccupato, un pesante numero che grava non solo sull’economia del paese, ma soprattutto su coloro che questo disagio lo vivono da vicino, sulla propria pelle.

Parlando con vecchie conoscenze, compagni di facoltà, osservo una varietà di scelte intraprese, legate dallo stesso filo dell’incertezza che oggi collega tutti. C’è chi abbandona gli studi con largo anticipo, per mancanza di stimoli o per desiderio di essere un po’ più indipendenti dai genitori e, un po’ come chi si butta dalla nave prima che essa sprofondi sull’oceano, trova un lavoro. C’è chi invece decide di proseguire gli studi, appoggiato da una famiglia che glielo consente, nella speranza che una specializzazione renda l’ingresso nel mondo del lavoro meno doloroso di quanto non lo sia oggi. E infine ci sono quelle persone, come me, abbandonate su un limbo: studi finiti ma nessun impiego. Anche temporaneo. Anche non attinente agli studi fatti.

Le cause di questo disastro da record sono molteplici. Prima di tutto, la crisi. Ma non solo. Mestieri che non vogliono più essere imparati, lavori che non sono considerati tali ma “lavoretti” per l’estate, per pagarsi le vacanze, per pagarsi lo smartphone. Ragazzi che scelgono indirizzi di studi poco richiesti dal sistema del lavoro, o indirizzi non adatti alle proprie capacità. Ragazzi che pur di trovare il lavoro dei propri sogni rimangono in attesa per mesi, anni. Ci troviamo in una situazione di sovraccarico di richieste di lavoro in alcuni settori, ad altri che scarseggiano a trovare candidati. «Va demolita ormai la vecchia divisione di lavoro di seria A e di serie B, la separazione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale – dichiara l’Associazione degli Artigiani in un’intervista lasciata al TG2 – bisognerebbe far conoscere ai ragazzi altre opportunità di lavoro, che potrebbero tener testa alla crisi e svincolarli dal tunnel del precariato e della disoccupazione».

Tutto qui? È davvero colpa dei giovani, un po’ bamboccioni e ambiziosi al tempo stesso? La risposta naturalmente è no. Le aziende non si tirano indietro. Avendo come scusante la crisi, comportarsi in modo non del tutto corretto nei confronti di ragazzi in cerca di una prima esperienza lavorativa è un dato di fatto: lavori malpagati – a 30, 60, addirittura 90 giorni fine lavoro, tramite voucher, in nero – o non pagati affatto; stage privi anche del più legittimo rimborso spese; contratti a chiamata, a progetto, o requisiti che lasciano perplessi chiunque legga un annuncio – “cercasi stagista con 5 anni di esperienza”. Complice chi, per bisogno o disperazione, accetta tutto questo per poter andare avanti.

Le previsioni della Commissione UE per il futuro non sono per niente incoraggianti: la percentuale di disoccupazione, non solo giovanile, continuerà a crescere. Solo nel 2014 si abbozzerà una piccola ripresa, a patto che il panorama economico dei Paesi membri più a rischio – Spagna, Grecia e noi – non cambi.

Nel frattempo molti giovani fanno le valigie e, approfittando di un volo low cost e qualche risparmio messo da parte, emigrano verso i paesi più benestanti del Nord Europa. Io invece sono ancora qui, perché voglio credere che prima o poi, con lo sforzo di tutti, questa crisi passerà.

paula parovina

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