“FIGLIO MIO, NON NASCERE OGGI”: LO SCIOPERO DI GENECOLOGI E OSTETRICHE

sciopero

In un’Italia che deve fare i conti con le tormentate prossime elezioni, con il primo ministro del Dio cattolico che si dimette dal suo ruolo, con scandali di tangenti e corruzione internazionale da milioni di euro, oggi è il turno dello sciopero dei ginecologi e ostetrici di tutto il paese. Era stato annunciato lo scorso 16 gennaio, infatti, lo stop delle attività di normale routine come cesarei programmati o induzione al parto, oltre a ecografie, esami e visite svolte sia in ospedali pubblici che privati, fatta eccezione, naturalmente, per le emergenze e anche per i parti naturali.

Lo sciopero è stato largamente accolto da più di 15 mila professionisti del settore, e ha avuto a Palermo l’epicentro delle manifestazioni, promosse dalle principali associazioni di categoria tra cui Fesmed (Federazione sindacale medici dirigenti) e Aogoi (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani). Grazie a ciò, stando alle stime, nella giornata del 12 febbraio, ci sono state circa 1100 nascite in meno, anticipate o posticipate.

La protesta ha tre punti cardini, tutti rivolti al governo. La prima deriva dagli strascichi lasciati dai tagli finanziari alla sanità delle manovre attuate negli ultimi anni. Tagli che, di conseguenza, tra i tanti esempi non permettono alle singole strutture di sostituire vecchie apparecchiature, rendendole quindi arretrate rispetto quelle del resto dell’Europa. Inoltre, in secondo luogo, le associazioni chiedono fortemente che la riforma dei punti nascita – approvata dal decreto del 2010, sotto l’ala dell’ex ministro della salute Ferruccio Fazio – venga applicata, in maniera immediata. La riforma prevedeva che le strutture sanitarie più piccole, sotto le 1000 nascite all’anno, chiudessero, e si unissero ad altre strutture, a seconda di criteri di posizione geografica. Questo perché, avendo poche nascite, i piccoli punti di nascita sono anche potenzialmente pericolosi per la vita della mamma e del bimbo stesso: una minor quantità di nascite equivale a meno esperienza da parte dei medici, e presumibilmente, alla mancanza di sale di neonatologia o terapia intensiva neonatale, in caso di problemi.

Vito Trojano, presidente dell’Aogoi, si esprime così sull’argomento: “È stata applicata solo in pochissimi casi. Chiudere un punto nascita vuol dire inimicarsi una comunità locale e perdere dei voti, e tra autonomia e clientele politiche, poche regioni l’hanno messa in pratica”.

Infine, la terza motivazione fondamentale dello sciopero è quella del contenzioso medico-legale. Sono sempre più crescenti, infatti, le denunce avanzate da pazienti nei confronti dei propri medici, i quali, devono sborsare di tasca propria elevati pagamenti di risarcimenti in sede civile, in addizione ai costi spesso proibitivi delle polizze assicurative. “Il prossimo 13 agosto scatta l’obbligatorietà della polizza assicurativa per tutti i professionisti. Poiché le aziende sanitarie e ospedaliere non assicurano più i loro medici, contro la colpa grave ognuno pensa di tasca propria, pur svolgendo un’attività come dipendente di una struttura pubblica”, spiega Nicola Surico, presidente della Sigo (Società italiana ginecologia e ostetricia). “I costi assicurativi vanno da 8 a 10 mila euro per un neo laureato che prende 2000 euro al mese, 20-25 mila euro la polizza di un primario”.

Purtroppo, ancora oggi molte persone reputano la Medicina una scienza esatta, al pari della Matematica, e rifiutano il suo ruolo iniziale di disciplina empirica, sperimentale (nonostante la base scientifica). Il margine di errore, basso o alto a seconda dei casi, è sempre presente: il medico non è una macchina, è in primo luogo una persona. Quindi, la logica mi induce a pormi delle domande: chi sarebbe lo sciocco che avrebbe il coraggio di mettere le mani su un paziente per operarlo, laddove non esiste certezza assoluta?

Più diritti e protezione per una categoria poco tutelata è quello che viene chiesto, a discapito di meno fiocchi azzurri e rosa, slittati di una giornata.

paula parovina

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