No, non è nel nostro stile rientrare nel becero e strillone circo mediatico che, su un tema tanto sensibile e delicato quanto insidioso qual è la giustizia, bandierone e trombetta alla mano, si schiera in una delle due “squadre”, a mo’ di tifoso. Le suddette bande sono formate da coloro che, da un lato, di fronte a un qualsivoglia provvedimento giudiziario, anticipano sulla stampa il giudizio di responsabilità competente al giudice, sulla base di chissà quali elementi desuntivi (“giustizialisti”) e coloro che, dall’altro, muovono l’indice accusatore contro i magistrati che hanno emesso una pronuncia, spesso sulla scorta di fumose istanze di libertà (sedicenti “garantisti”).
Di fronte, però, alla misura cautelare che ha ristretto agli arresti domiciliari Dario Scotti, pensiamo sia opportuno trarre alcune considerazioni. Premettiamo – per i meno esperti -, che tale provvedimento è ben lungi dal costituire una sentenza di condanna, lasciando il beneficio della presunzione di innocenza fino al giudicato. Scotti si difenderà nelle sedi competenti e fino al momento di una decisione definitiva ci rimettiamo a chi ci sta lavorando.Emergono, però, da alcune intercettazioni – non ci soffermeremo qui sul capitolo relativo alla loro pubblicazione in questa fase del procedimento – alcuni “magheggi” politico istituzionali cui Scotti si è reso protagonista per oliare (a Pavia, a Roma e di fronte al Parlamento e ministri rumeni) gli ingranaggi del sistema e ottenere strada spianata per la Riso Scotti Energia.
Bene, risultasse fondato (il condizionale è d’obbligo) il fatto storico desumibile in tali intercettazioni, a prescindere dalla rilevanza penale che possa assumere, vogliamo esprimere il nostro (paternalistico? No!) sbigottimento e le nostre perplessità. Il comportamento di un’azienda che, assieme all’Università e alla pellicceria, dà lustro in tutto il mondo alla città di Pavia e ne rappresenta agli occhi degli esterni stile e maniere, dovrebbe attendersi a modelli di comportamento un poco più accorti, per usare un eufemismo. Il rischio potrebbe essere di incappare nei luoghi comuni e pregiudizi che hanno già colpito la mia città di provenienza, per il caso Fiorani. «Lodi ladrona!» campeggiava un po’ dappertutto nel 2005 e i lodigiani venivano tacciati come malandrini da Pif, in un servizio delle Iene, quando solo i primi sospetti sull’allora amministratore della BPI si erano diffusi sulle pagine dei giornali (solo il mese scorso è arrivata la condanna).
Dopo questo pezzo ci darete dei moralisti? Dei perbenisti? Embè!
ma degli “oliati” si sa qualcosa?
Paga sempre e solo l’imprenditore, molte volte costretto a pagare dei pezzenti statali per lavorare?