L’ondata rivoluzionaria che sta spazzando i paesi arabi da alcuni mesi a questa parte sta eliminando roccaforti e capisaldi del potere, dando vita a degli spazi vuoti che devono essere colmati, non soltanto per un gioco di conquiste da parte di governi stabili, ma anche, e soprattutto, per garantire una certa stabilità nell’area, stabilità necessaria soprattutto in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando. Il problema è: chi prenderà il posto dei vecchi regimi dittatoriali? Siamo abituati a pensare che l’unico detentore della capacità di esportare un modello di stato democratico sia l’Occidente, Occidente che nel corso degli anni si è manifestato sotto varie entità: prima della Seconda Guerra Mondiale si trattava di Francia e Inghilterra (che, comunque, sono ancora oggi piuttosto attive in questo campo, basti pensare all’input fornito dal presidente Sarkozy per l’avvio delle operazioni in Libia); dopo il 1945 quasi esclusivamente gli Stati Uniti, che, tutt’oggi sono sempre in prima linea.
Eppure gli equilibri sono mutati e non ci troviamo più dinnanzi alla “semplice” scelta tra USA e URSS; soprattutto per motivi economici ci sono nuovi Paesi che si sono prepotentemente affacciati alla scena mondiale dimostrando la propria importanza. Si pensi all’India o, e soprattutto, alla Cina. Tuttavia, il colosso cinese sembra non aver approfittato come avrebbe potuto della situazione araba. Sin dall’inizio, infatti, si è tenuto in disparte, senza, non solo prendere parte all’azione, ma senza neppure occuparsi di fornire dichiarazioni sostanziali in merito.
Ed ecco che, nelle ultime settimane, un nuovo protagonista ha intrapreso il tentativo di sbaragliare gli avversari: la Turchia. Un Paese a metà tra l’Europa e l’Oriente, un Paese con una storia importante, un presente segnato da un forte sviluppo economico e da una popolazione giovane, un Paese laico in cui, però, il 98% dei cittadini è di religione musulmana. Nel suo viaggio che ha toccato Egitto, Libia e Tunisia, il presidente Erdoğan non solo ha fatto dichiarazioni importanti, ma si è proposto come possibile guida per chi ha eliminato i propri dittatori, ha teso la mano ai palestinesi, si è schierato contro il regime di repressione in Siria e, per ultimo, ha minacciato l’UE di interrompere i rapporti se a Cipro verrà data la presidenza dell’Unione senza che prima venga risolta la situazione nell’area. Insomma, la Turchia sta cercando di imporsi come il nuovo potere forte nella regione, tanto forte da permettersi, non solo di dialogare, ma di imporre le proprie decisioni all’Occidente. Ci domandiamo quindi: sta giungendo al termine l’epoca degli Stati Uniti e quella dell’Europa non è mai iniziata?
Articolo fortemente d’attualità e di grande interesse.
Grazie per gli apprezzamenti!