DOVE STA ANDANDO L’EGITTO NEL DOPO MUBARAK?

È bastato davvero poco per dimenticarsi della situazione in Egitto. Sì, perchè non è sufficiente scendere in piazza, rivendicare i propri inalienabili diritti, far valere la propria opinione. Nemmeno se si riesce a spodestare un dittatore. Nemmeno se si ottiene l’appoggio di tutta la Comunità Internazionale. Non è sufficiente perché il momento più importante per una società è il dopo: quello che si verifica successivamente alla rivoluzione, come avvine il processo di ricostruzione democratica, quanto è profondo il grado di integrazione tra diverse religioni e quanto è reale la parità sessuale. Come al solito, invece, vuoi perché la guerra in Libia si è conquistata le prime pagine (ma ormai anche quella è già passata di moda), vuoi perché Berlusconi ha presentato le dimissioni o, peggio, perché sono iniziati Grande Fratello e X-Factor, ci siamo disinteressati.

Quindi dove sta andando l’Egitto? A che punto è nel processo che avrebbe dovuto portare ad una vera democrazia?

Purtroppo, da febbraio, l’esercito, quello stesso esercito che aveva voltato le spalle al regime appoggiando le ragioni dei manifestanti, ha represso le manifestazioni, ha avviato 12.400 nuovi casi giudiziari nel lasso di tempo di nove mesi, ha evitato che venisse fissata una data per le elezioni presidenziali e, ultimo, ma più grave di tutto il resto, sta tentando di dettare le direttive per la redazione di una nuova Costituzione che dovrà essere approvata questo 28 novembre. Nel frattempo gli intellettuali e gli scrittori arrestati sotto la presidenza di Mubarak sono ancora in carcere, chi osa andare contro alla giunta militare viene arrestato sulla base di accuse fittizie e i responsabili delle morti del Maspero non sono ancora stati rintracciati.

Gli egiziani si sono trovati stretti tra mani non diverse da quelle dell’ex presidente e, confidando nel fatto che la protesta abbia funzionato una volta, hanno dimostrato una dose di coraggio e perseveranza così elevata da scendere nuovamente in piazza Tahrir a reclamare la propria libertà, i propri diritti e una vera democrazia. Eppure c’è una differenza, e si tratta di una differenza sostanziale: ora si muovono nell’indifferenza. Laddove nei mesi scorsi si erano riversati l’interesse, la stima e l’appoggio del mondo occidentale unito, ora si scorgono alzate di spalle: ci sono altre notizie, questo l’abbiamo già visto. Credo che dovremmo svegliarci e farci furbi perché un’insabilità del genere alle porte di casa non può essere ignorata come stiamo facendo. L’abbiamo già sperimentato: l’insoddisfazione della popolazione sfocia inevitabilmente nella violenza se non viene agevolata una transizione che sia realmente tale.

ilaria padovan

  1 comment for “DOVE STA ANDANDO L’EGITTO NEL DOPO MUBARAK?

  1. giuse cinetto
    23 novembre 2011 at 16:47

    All’occidente interessa solo far cadere i dittatori per installarne dei nuovi.
    Bell’articolo.

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