Lo scorso 30 marzo il Senato ha approvato in via definitiva il ddl n. 2568 teso a modificare il Codice di Procedura Penale e l’Ordinamento Penitenziario a favore delle detenute madri. Cosa prevede questo disegno di legge? Impedisce innanzitutto ai figli di detenute di sopportare i disagi e lo stress psicologico che l’ambiente carcerario produce, trascorrendo i primi anni di vita insieme alla madre. In Italia vivono in carcere 54 bambini, a causa di una legge di riforma dell’Ordinamento Penitenziario pensata per salvaguardare il rapporto madre-figlio, che consente alle detenute di tenere con sé i figli fino all’età di 3 anni. Nel testo del ddl n. 2568 si prevede l’innalzamento del limite di età del minore, da 3 a 6 anni, quale circostanza ostativa all’applicazione o al mantenimento della custodia cautelare in carcere della madre, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza; ma quali sarebbero queste circostanze?
Il legislatore non specifica alcuna di queste esigenze, lasciando al giudice il compito della individuazione discrezionale di tali condizioni di eccezionalità. Le detenute-madri sconterebbero la loro pena presso gli ICAM (Istituti a custodia attenuata per detenute madri), veri centri di detenzione, alternativi al carcere. In Italia oggi, è presente, però, un solo ICAM, avente sede a Milano e dalle dimensioni molto ridotte, potendo ospitare solo dieci persone. Per tale ragione il ddl n. 2568 rinvia la sua attuazione al 2014, data prevista per la completa realizzazione del piano straordinario penitenziario, facendo salva la possibilità nel frattempo di utilizzare i posti disponibili presso gli Istituti di custodia attenuata, oggi individuati, ma non resi operativi per carenza di fondi. Tale previsione induce a dubitare sull’effettiva realizzazione degli ICAM, nonostante gli interessi in gioco siano decisamente delicati, nonché costituzionalmente garantiti, toccando ambiti quali la tutela della maternità e dell’infanzia.
Si tratta di un provvedimento che cerca di rafforzare le tutele inalienabili dovute ai figli minori, dando loro la possibilità di crescere nonostante la loro particolare e infelice condizione, in strutture adeguate e non dietro le sbarre. Il legislatore si propone così di conciliare due opposte esigenze: limitare la presenza nelle carceri di bambini figli di detenute e, allo stesso tempo, garantire la sicurezza dei cittadini rispetto alle madri con figli minori che abbiano commesso un reato per il quale è prevista la pena della reclusione. Quella prevista dal ddl n. 2568 è sicuramente una scelta incoraggiante in quanto riguarda fasce disagiate della popolazione, volta a rafforzare i diritti civili primari e inviolabili, ma, viste le zone d’ombra del testo normativo, non è forse stata attuata troppo in fretta?
alessia laterza