Mi sono presa qualche tempo per evitare di scrivere il solito coccodrillo e analizzare con un poco più di lucidità e freddezza il personaggio Giorgio Bocca, scomparso all’età di 91 anni, percorrendo quasi un secolo della vita italiana e attraversando l’intera penisola per raccontare la sua storia, la sua politica e le sue contraddizioni, in veste di giornalista, con un linguaggio forte e uno stile graffiante. Non ci sono dubbi sul suo impegno, sulla sua dedizione e sul suo genio nell’ambito professionale, tale da ricevere l’appellativo di decano del nostro giornalismo, dopo la scomparsa di Enzo Biagi e di Indro Montanelli, come lo testimoniano anche i numerosissimi riconoscimenti ricevuti durante il suo “cursus honorum”, dal premio Premiolino nel 1961, al premio Saint-Vincent per il giornalismo nel 1983 senza dimenticare l’Ilaria Alpi alla carriera nel 2008 per lodare ed elogiare un grande scrittore e giornalista.
Il suo è stato un giornalismo militante, che attraverso commenti, reportage e interviste si è sempre proposto di denunciare i guasti della società italiana. La sua critica si accentua negli anni più recenti, forte di uno stile semplice ma duro, una scrittura concreta e aspra, di intensa comunicazione, sostenuta da un legame mai interrotto con l’esperienza resistenziale e dall’alta moralità. Ma sarebbe banale, oltre che ripetitivo, celebrarlo come eroe, secondo la noiosa abitudine italiana, per cui i morti sono grandi saggi e la loro scomparsa ha lasciato una irrimediabile perdita per la società e la cultura italiana.
La storia di Bocca è alla portata di tutti sul web, soprattutto negli ultimi giorni, ma è necessario anche raccontare del Giorgio Bocca estremista: sin da giovanissimo aveva avuto modo di manifestare alcune sue inclinazioni di pensiero e a soli 18 anni aderisce al “Manifesto della Razza”, sposando le leggi razziali del 1938, dopo aver fondato la formazione partigiana di Giustizia e Libertà. Nel 1975 scrisse che le Brigate Rosse erano una mera invenzione dei magistrati, dovendosi ricredere ineluttabilmente dopo alcuni anni. Anche il suo orientamento politico si è rivelato variegato, facendo molto discutere, ad esempio, la sua adesione ad alcune mozioni della Lega Nord, che poi contrasterà per anni, tuonando contro la destra e le barbarie leghiste.
Da meridionale, non posso non menzionare il suo contrasto con il Sud Italia, che è divenuto più aspro contro la città di Napoli, considerata dallo stesso giornalista , come un “cimiciaio”. I suoi giudizi sul Mezzogiorno sono sempre stati molto aspri e severi, come quando ha indicato i giovani meridionali come anime senza speranza in un paese dal futuro arido, marcio e corrotto. Affermazioni disseminate nell’infinità di opere da lui prodotte, ove è manifesta anche la sua intolleranza verso gli omosessuali.
Insomma, una vita, quella di Bocca, fatta di autentiche antinomie e forse il modo migliore per ricordarlo senza sconfinare nella banalità sta proprio nel celebrarlo con tutte le sue contraddizioni, che lo hanno reso noto, e che ci insegnano che spesso, si può essere incoerenti ma geniali.
alessia laterza