Dura e interminabile è stata la giornata per il diritto allo studio in diversi centri universitari italiani; cortei di studenti e dipendenti Edisu, l’Ente Regionale per il diritto allo studio, sono scesi nelle piazze di numerose città per ribadire la propria resistenza alle politiche spregiudicate e ingiuste del governo Monti. La mobilitazione è stata promossa dalla Rete della conoscenza, protagonista di numerose proteste durante il 2010 e 2011 contro i decreti Gelmini, che torna in scena spiegando che la politica del nuovo governo non è altro che il segno della continuità del governo Berlusconi.
Una manifestazione eclatante per protestare contro il progetto dell’attuale governo di aumentare le tasse universitarie, abolire il valore legale del titolo di studio, e dare la possibilità ai privati di entrare nell’amministrazione delle scuole. Mentre aumentano disoccupazione e disagi, soprattutto tra i giovani, il Ministro del Lavoro, Elsa Fornero, propone un disegno di legge che peggiora la condizione dei precari cancellando i diritti dei lavoratori, mentre il Ministro per la Pubblica Istruzione, Francesco Profumo, continua l’opera di privatizzazione di scuole e università aumentando ulteriormente le tasse e peggiorando il diritto allo studio.
Le giornate di azioni sono iniziate in tutta Italia: l’anno accademico dell’università di Roma Tre si è inaugurato lo scorso lunedì con due ospiti di eccezione: Profumo e Romani Prodi accolti da cartelli indicanti slogan contro i privati nell’università. A Bari, invece, gli studenti hanno occupato il tetto della facoltà di Giurisprudenza, centro nevralgico per le proteste studentesche, dal quale hanno calato uno striscione simbolo del pensiero degli studenti. Tanti i manifesti che hanno ornato le università e che sono stati affissi nelle piazze dagli studenti indignati, alcuni addirittura hanno ricoperto simbolicamente il dicastero di rotoli di carta igienica timbrati con la scritta: “ Titoli di studio o carta straccia?”.
Gli studenti reputano, infatti, del tutto incomprensibile un provvedimento del genere, che andrebbe a creare una netta separazione tra pochi atenei di serie A e molti atenei di serie B creando delle vere “fabbriche di titoli”senza valore. La legge Aprea, se approvata, cambierebbe radicalmente il governo e quindi la vita delle scuole pubbliche, poiché prevede l’accesso di privati all’interno degli istituti scolastici per garantire agli esterni il dominio nelle scuole e le rappresentanze degli studenti sarebbero lasciate alla scelta delle autonomie scolastiche. Insomma, si imporrebbe una privatizzazione formale e sostanziale, rompendo il carattere pubblico, nazionale e universale della scuola italiana.
Perché, invece di approvare una legge ambigua e dannosa, non lavorare per costruire una vera alternativa che rinnovi la scuola? Il governo al posto di finanziare scuola e università preferisce far pagare il diritto allo studio, che al momento è sempre di più un privilegio, aumentando di fatto le disuguaglianze sociali nel nostro paese e impedendo a molti giovani di potersi spostare dalla propria città d’origine per continuare a studiare. Questo governo, peggiora ulteriormente la situazione dell’università, aumentando le tasse e costruendo un’accademia d’èlite il cui obiettivo è cercare il profitto sulla testa degli studenti.
Logiche rifiutate dai giovani poiché l’università deve essere pubblica e aperta a tutti, e solamente difendendo il diritto allo studio e abbassando le tasse agli studenti, che sono già tra le più alte d’Europa, tutti gli studenti possono proseguire il loro percorso formativo e il nostro paese può uscire dalla crisi.
alessia laterza