È la mattina del 3 aprile e in via Bellerio (Milano) sembra essere una giornata come tante: qualche pensionato leghista della prima ora in attesa dell’arrivo dei dirigenti del partito e qualche curioso che, intimidito, si affaccia nel cortile della sede leghista per scorgere quei politici che ha sempre visto in televisione. La tranquillità di questa mattinata tutta padana, però, è bruscamente interrotta dall’arrivo dei militari della Guardia di Finanza che sequestrano decine di fascicoli contenuti negli uffici della sede di via Bellerio.
Qualche ora dopo, si saprà che ben tre procure della Repubblica (Milano, Napoli e Reggio Calabria – D.I.A., ossia la Direzione Investigativa Antimafia) stavano da tempo indagando sugli strani movimenti di capitali del partito di Bossi e che, in possesso di numerose intercettazioni dell’ex tesoriere Belsito, della segretaria amministrativa Nadia Dagrada e di numerosi altri, avevano deciso di intervenire e sequestrare i fascicoli in cui minuziosamente erano state riportate tutte le transazioni finanziarie della Lega Nord.
Quanto è accaduto nei giorni seguenti è noto a tutti: la scoperta del cerchio magico; le dimissioni di Bossi dalla segretaria del partito; la giornata bergamasca dell’orgoglio padano; la cacciata di Rosy Mauro; la salvezza del Trota (sebbene fosse uno dei membri del partito più palesemente coinvolti nello scandalo) fino all’avvento di Maroni e dei suoi Barbari sognanti nelle vesti di salvatori della moralità e dell’integrità padana.
Mi immagino già il caro Lombroso ridere come un pazzo e dire che la faccia di queste persone non l’ha mai convinto troppo. Fantasie a parte, l’indagine (badiamo bene che si parla ancora solo di indagati!) continua e sembra estendersi ad altri importanti esponenti del Partito verde, quale l’ex ministro Roberto Calderoli che attualmente, insieme a Maroni e alla Del Lago, detiene la reggenza della Lega Nord in attesa del consiglio federale di giugno.
In questa sede voglio evitare di scrivere il solito articolo critico e bacchettone nei confronti della Lega Nord (sarebbe come sparare sulla Croce Rossa!) e preferisco sapere, e farvi sapere, cosa ne pensa un giovane leghista, magari politicamente attivo sul proprio territorio, di tutto questo. Ho deciso, allora, di incontrare Matteo Mognaschi che attualmente riveste la carica di consigliere e capogruppo in consiglio comunale a Pavia della Lega Nord, nonché quella di coordinatore federale nel settore istruzione dei Giovani Padani, vale a dire scuole (Movimento Studentesco Padano – MSP) ed Università (Movimento Universitario Padano –MUP).
Qual è stata la tua prima reazione quando hai appreso delle indagini che coinvolgevano il tuo partito?
«Sono rimasto sorpreso in quanto la Lega, fino a questo momento, era rimasta praticamente immune da tutte le questioni giudiziarie».
Qual è il pensiero di un giovane che da tempo si impegna a livello locale per la Lega, quando scopre di questi indebiti appropriamenti di denaro. Perde fiducia? Ti spinge a far di più e meglio per dimostrare che il partito non è solo quello che si vede in televisione o si legge sui giornali?
«Direi esattamente la seconda: tanta voglia di dimostrare, con ancora più impegno, che la Lega è fatta da gente per bene e che se qualcuno sbaglia paga, a differenza degli altri partiti dove chi sbaglia rimane al suo posto».
Parliamo di Renzo Bossi, all’incirca nostro coetaneo, che sicuramente non spicca nel panorama politico per un curriculum vitae brillante. Cosa hai pensato quando è diventato consigliere regionale? Credi veramente che meritasse il posto da lui occupato o si trattasse semplicemente dell’ennesimo atto di nepotismo? Lo “scandalo Lega” non sarebbe già dovuto scoppiare con questa nomina alla regione Lombardia o con la nomina di Rosy Mauro a vicepresidente del Senato? Perché la Lega non si è mossa in quelle occasioni?
«Renzo Bossi è stato candidato in provincia di Brescia e votato con le preferenze (ben 12.893) e per questo motivo ritengo che sia arrivato al Pirellone in maniera del tutto legittima. Ritengo, d’altro canto, che abbia fatto bene a dimettersi. Per quanto riguarda Rosy Mauro, è stato detto e scritto di tutto: dico solo che sono d’accordo con i provvedimenti presi» (n.d.r. Matteo Mognaschi si riferisce all’espulsione della Mauro dalla Lega Nord a seguito di un provvedimento dello Consiglio federale del 12 aprile).
Siamo ancora a livello di indagini e nessuno può dirsi colpevole fino ad oggi. Supponiamo che Umberto Bossi non abbia alcuna responsabilità penale, gli imputi almeno una qualche responsabilità politica. Quale segretario di un partito non avrebbe dovuto sapere esattamente quello che accadeva coi soldi dei rimborsi elettorali? La malattia può essere una scusante?
«Non conosco così bene la vicenda da poter dire questa cosa. Io personalmente ritengo che lui non sapesse nulla, piuttosto sono altri a lui vicini che hanno approfittato della sua malattia per fare i propri affari».
Non bendiamoci gli occhi e ammettiamo che la politica italiana non sa stare lontana dagli scandali giudiziari: Lusi e i rimborsi elettorali alla Margherita; Vendola e la sanità pugliese; Berlusconi e Ruby (solo per citare l’inchiesta giudiziaria, a mio avviso, meno grave che lo vede coinvolto). Si tratta di persone che, alla fine della prima Repubblica, si erano presentati come homines novi, ma che in realtà sono caduti in una sorta di nuova Tangentopoli. Di cosa ha bisogno la politica?
«È più facile rispondere alla domanda esattamente opposta: di cosa non ha bisogno. La politica non ha bisogno di gente che la fa solo per affari o per interessi personali. Da questo punto di vista Maroni sta cercando di introdurre un codice morale che è decisamente opportuno visto il periodo, perché se è vero che un avviso di garanzia non è una condanna, è ancora più vero che a chi fa politica viene richiesta una trasparenza ancora maggiore dei cittadini comuni».
Tornando alla Lega Nord, a giugno ci sarà il congresso federale per l’elezione del nuovo segretario. Molto probabilmente verrà eletto Roberto Maroni. Cosa ti aspetti dalla Lega di Maroni?
«Quello che sta già facendo: tornare a fare politica sul territorio e dimenticare gli scandali. Da questo punto di vista la rinuncia all’ultima tranche dei rimborsi elettorali è stata una bella mossa, peccato che gli altri partiti al momento non l’abbiano imitata, e dubito che lo faranno».
marcello bonazzi