T-shirt sportiva e maglioncino casual. 45 anni e una grande carriera sportiva alle spalle. I segni del tempo sono evidenti, ad iniziare dalla capigliatura, ma dietro a quegli occhi verdi si può ancora vedere la grinta di una volta. Roberto Baggio si confida in un’intervista lasciata al TG1 e annuncia ufficialmente il suo ritiro dalla Federcalcio, dove da più di due anni ricopriva il ruolo di capo del settore tecnico.
«Ho provato a esercitare il ruolo che mi era stato affidato ma non mi è stato consentito e non sono più disponibile ad andare avanti». L’incarico aveva avuto inizio il 4 agosto del 2010, appena dopo la disfatta della Nazionale nei mondiali Sudafricani. Purtroppo si era trattato di promesse non mantenute, di un amore mai sbocciato tra la federazione e il Divin codino.
Preferisce non fare polemiche o critiche a nessuno, l’unica cosa che mostra all’intervistatrice è un programma stampato (Rinnovare il futuro), spesso 900 pagine, un anno intero di lavoro, suo e dei suoi 50 collaboratori. «Il progetto consiste nel rinnovare dalle fondamenta la formazione di chi insegna il calcio ai bambini e ai ragazzi, con l’obiettivo di crescere dei buoni calciatori ma soprattutto delle buone persone». L’ambiziosa idea era stata approvata e 10 milioni di euro stanziati per portarla avanti. Però, per via della crisi che colpisce anche lo sport, o altro ancora, nessuno di questi soldi è giunto sulla scrivania dell’ex Pallone d’oro. «Non amo le poltrone, amo fare». Le 900 pagine sono diventate carta morta, constringendolo categoricamente a rinunciare alla carica ricoperta finora.
«Roberto Baggio è una persona di grande qualità. Ma non sentiva come suo quel ruolo dirigenziale: non lo gratificava». D’altra parte la risposta di Giancarlo Abete in merito alla notizia è prontamente arrivata. Il presidente della Federcalcio non si sente, infatti, sorpreso dal suo addio. «Me lo aveva anticipato. Per i suoi impegni internazionali e perché non si sentiva gratificato, non ha mai avuto la possibilità di dedicare molto tempo all’attività». Malumori e dissapori hanno avuto dunque la meglio su un progetto che poteva davvero rappresentare un’ondata di aria fresca in un settore che, da anni ormai, è contaminato da scandali e scommesse illecite.
Un addio che però lascia una piccola porta aperta. «Amo il calcio e amo il mio paese, sono a disposizione per qualsiasi iniziativa, per quello che, nonostante tutti i problemi, rimane per me lo sport più bello al mondo».
paula parovina