C’è un’immagine che sta facendo il giro del mondo, o meglio, l’ha già fatto. Un’immagine che suscita tristezza e indignazione. Un’immagine che ha già aperto la cicatrice di un lungo, vecchio dibattito: la pena di morte. Fino a dove si estende il potere dell’uomo? Può decidere di privare della vita un suo simile?
Lo scorso 20 dicembre un gruppo di giovani ragazzi hanno assalito un uomo con feroce violenza su una strada della capitale iraniana in pieno giorno, lasciandolo senza portafogli e giacca. Il video, registrato dalle telecamere di sorveglianza di un edificio situato sulla via della rapina, è finito subito sulla rete di YouTube e su numerosi telegiornali locali. Era già da tempo, infatti, che i cittadini si lamentavano delle continue aggressioni subite nella città di Teheran e chiedevano al governo di intervenire, di assicurare loro giustizia e protezione.
I quattro giovani sono stati successivamente identificati e arrestati. Due di loro, ritenuti complici della rapina, hanno evitato la fine dei compagni: 10 anni di carcere e 72 frustate. Per Alireza Mafiha e Mohammad Ali Sarvari (i due ragazzi al centro della foto) invece una pena esemplare quanto discutibile: la morte. Sono stati, infatti, privati della vita, del diritto di respirare ancora la stessa aria delle persone accorse all’esecuzione perché ladri e quindi “disobbedienti a Dio” (Moharebeh, uno dei reati capitali previsti dalla religione islamica).
I due giovani avevano rispettivamente 23 e 20 anni. Erano poco più che dei ragazzini. E come tale, sopraffatto dalla paura e dalla disperazione, uno di loro si è appoggiato al boia ed è scoppiato in un pianto, lasciandosi teneramente consolare da colui che si è ritrovato ad essere, involontariamente, il suo assassino materiale. Un pianto che non supplicava pietà: erano le lacrime di chi sa di aver perso tutto, consapevole ormai del destino a cui sta andando incontro.
La drammatica foto è stata scattata di sera, poco prima dell’esecuzione della pena, il 20 gennaio, e ha velocemente attraversato e indignato interi paesi. Solo tre giorni dopo la notizia è stata riportata anche dai giornali italiani e, seguendo quelle lasciate dalle persone sui social network, è principalmente una l’opinione che emerge: favorevoli o contrari alla pena di morte, questa condanna è stata ritenuta ingiusta e decisamente eccessiva se paragonata al reato commesso. Così pure non si sono fatte attendere le critiche provenienti dalle associazioni per i diritti umani, le quali condannano categoricamente la giustizia drastica e inflessibile del mondo islamico. L’Iran è preceduto solo dalla Cina come paese con il maggior numero di esecuzioni l’anno. L’impiccagione, come in questo caso, è il metodo più usato.
Parlando di queste storie è facile cadere e rincorrere ai luoghi comuni. A frasi dettate più dall’istinto che dalla ragione. Sul web le frasi più gettonate erano “ci vorrebbe in Italia la pena di morte”, “dovremmo spedire i nostri politici là”… Io credo che ad ogni brutta azione debba essere accompagnata da una corrispettiva punizione. Giusta. Non credo che la violenza elimini la violenza: ne genera solo altrettanta. E non credo che il rispetto si guadagni attraverso la paura. E voi?
paula parovina