Pensate alla vostra giornata tipo: appena svegli controllate Facebook, magari postate uno stato, in pausa pranzo cinguettate un tweet di opinione su fatti di attualità, nel pomeriggio cercate offerte di lavoro su Linkedin, all’aperitivo caricate su Instagram la fotografia di un brindisi con amici, la sera vi taggate nel locale in cui trovate e prima di andare a letto condividete una canzone sulla bacheca della vostra ragazza. Chiaramente durante tutta la giornata avete anche messo una decina di “mi piace” a post e aggiornamenti di stato, avete letto qualche decina di stati di vostri amici – che involontariamente e improvvisamente hanno influenzato il vostro umore -, avete guardato video, foto e letto articoli di blog e giornali.
Memorizzare e condividere sembrano essere le parole d’ordine della “generazione social”, con la peculiarità che tutte le attività sociali subiscono un’intensificazione nei momenti che riteniamo essere più importanti e che pertanto vogliamo memorizzare e pensiamo sia importante condividere.
Il rischio di vivere a metà i momenti importanti della nostra vita è reale.
Il passaggio dagli indiscutibili vantaggi che ci offre il mondo sociale a una vera e propria “mania da condivisione” è sottile e impalpabile. La vera memoria non sta in una fotografia digitale, al contrario la vera memoria indelebile deriva dai momenti di vita vissuti intensamente.
Una forte rappresentazione di questi aspetti si può trovare nello short film “Lost memories”. Nel 2012 il regista Francois Ferracci produce un vero e proprio capolavoro della durata di 2 minuti e 50 secondi. Il film è ambientato nella Parigi del futuro: corre l’anno 2020 e la città è costellata di ologrammi e flussi digitali, il tutto, anche i momenti più intensi della vita, sono inseriti in un flusso sociale basato sulla condivisione. Una coppia di fidanzati si abbracciano davanti alla Torre Eiffel, il ragazzo scatta continuamente fotografie da condividere con la rete senza rendersi conto che non sta assaporando pienamente quei magici momenti perché troppo impegnato a condividere immagini e analizzare visualizzazioni e commenti.
Il resto del film non ve lo racconto, lascio a voi il gusto di scoprirlo.
La Parigi degli ologrammi del 2020 non è molto lontana dalle nostre città con gli smartphone del 2013. Nessuno di noi vuole lasciarsi sfuggire momenti che ha vissuto intensamente, nessuno di noi vuole perdere la memoria. Anche quel ragazzo nel film non voleva farlo, non voleva perdere tutto, ma in quel momento non se ne rendeva conto. Oggi essere in una rete sociale è importante, quasi indispensabile, il segreto per non diventare vittime del social sta nell’equilibrio, nell’evitare gli eccessi. Ci sono momenti per scattare una fotografia e ci sono momenti per regalare un abbraccio. Sono momenti distinti e il secondo, oltre ad essere nettamente migliore, può essere indelebile, indimenticabile.
fabio lunghi
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