Sono nato quando la gente aveva qualche certezza in più. Non si può dire che si stava meglio, ma c’era la quasi certezza che il futuro potesse essere migliore. Forse si consumavano tante energie, più di oggi, per questo motivo, non solo io, noi ragazzi avevamo sempre fame. Mio nonno era sicuro che il mio papà avrebbe guadagnato più di lui. Così come il mio papà sapeva che io avrei potuto guadagnare più di lui.
Adesso, i figli fanno molta fatica a trovare un posto di lavoro fisso, quando non vivono con l’aiuto determinante dei parenti. Sembra cambiato il mondo con una generazione soltanto. Non sappiamo cosa stia succedendo, e siamo pronti a scaricare sugli altri tutte le colpe di questo mondo.
Quel periodo della relazione del Governatore della Banca d’Italia fotografa benissimo l’intendimento italico: io mi comporto sempre bene, sono gli altri a causare la rovina del Paese.
Noi avevamo qualche certezza. Sapevamo che a casa, non potevamo lamentarci perché la maestra ci aveva sgridato, perché eravamo sicuri che le avremmo prese di nuovo. Cercavamo di rispettare gli anziani e non c’era festa che potesse passare senza aver fatto loro visita per fare gli auguri. Sapevano che la legge andava rispettata e applicata.
Poi, da grandi, abbiamo dovuto scontrarci sul fatto che la legge per tutti si applica, per gli amici, invece, si interpreta. È ormai tempo di andare in pensione. Personalmente, ho speso la mia vita per aiutare la gente ad avere con il fisco un comportamento leale e rispettoso. Ho sempre detto che le tasse dobbiamo pagarle tutti, così da pagare, in proporzione, di meno. Il mio compito è sempre stato quello di far comprendere la corretta applicazione delle norme. Non sempre così lineare, neanche per me.
Faccio parte di una categoria con oltre 114.000 commercialisti che, ogni giorno, svolgono il proprio lavoro di fronte a mille difficoltà, sobbarcandosi il ruolo di interpretare norme fiscali opache e complicate, favorendone la comprensione, l’accettazione e il rispetto da parte del cittadino contribuente. Invece, le scadenze fiscali si trascinano a causa di lungaggini e ritardi imputabili all’amministrazione finanziaria, e perché ancora, dopo anni di richieste in tal senso, non si è riusciti ad ottenere un calendario di adempimenti minimamente razionale.
Adesso, come tutti sappiamo, potremmo vivere momenti ancora più burrascosi perché un signore è stato condannato definitivamente, ma continua a dire di essere innocente. Io non ho alcun elemento per dire quale delle due soluzioni sia corretta, e mi auguro che i tre gradi di giudizio siano stati sufficienti per arrivare a quella sentenza senza il minimo dubbio. I sostenitori di questo signore chiedono che il Presidente della Repubblica conceda la grazia affinché possa continuare a essere il capo del “suo” partito.
Io non mi occupo di problemi politici e lascio ad altri di prendere questo genere di decisioni. Cerco di fare qualche considerazione sul lavoro che ho svolto e che continuo a svolgere da tanti anni. Ammettiamo che la legge sia disattesa e che si decida di non tener conto della sentenza definitiva. Personalmente, non saprei più come comportarmi professionalmente.
Una volta un vecchio signore, defunto da qualche tempo, al quale raccomandavo un certo comportamento per non correre rischi di riprese a tassazione che avrebbero potuto avere un pesante andamento sul proseguimento dell’attività, candidamente, mi disse «Tanto, quando vengono, troveranno sempre qualcosa che non va, e bisognerà pagare lo stesso». Pur successo tanti anni fa, continuo a ripensare a quelle considerazioni. È ancora più inquietante, quanto potrebbe succedere se un condannato definitivamente per evasione fiscale potesse avere il beneficio della grazia, senza andare a spiegare che i giudici si sono sbagliati.
franco de renzo
Bellissima la prima parte dell’articolo, pessima la seconda
parte e la conclusione… anche perché non sono pertinenti l’una con l’altra. Una volta si metteva il prezzemolo su tutto, oggi
si mette “quel signore” in tutte le faccende di questo brutto paese
ed oltre.