La boxe nelle vene, intervista a Francesco Acatullo

Acatullo

photo by Volfango Rizzi (SPQeR)

Abbiamo intervistato un giovane talento che ultimamente ha dimostrato le sue doti all’intero proscenio italiano, apparendo anche su Sportitalia e Rai Sport e si sta distinguendo per il suo carattere e la sua simpatia. Stiamo parlando di Francesco Acatullo, un ragazzo di Caivano, nato a Maddaloni 25 anni fa e che vive ormai da tempo qui nella provincia di Pavia, esattamente a Voghera, dove ha coltivato la sua passione per la “noble art” ed oggi è un professionista in ascesa nel campo professionistico.

Innanzitutto, dove nasce questo amore per il pugilato?

«Tutto iniziò quando vidi mio cugino e i suoi compagni di allenamento Russo e Valentino. A 7/8 anni li ammiravo combattere e una sensazione mi cresceva da dentro, forse la voglia di sfida o di mettermi semplicemente alla prova. Anche con mia madre e la mia famiglia contro, io volli comunque iniziare a praticare il pugilato, poi nella palestra del grande Parisi diedi sfogo a questo mio grande desiderio».

Ritieni che il pugilato sia uno sport violento, come crede molta gente?

«Purtroppo in tanti non considerano il pugilato un vero e proprio sport. È vero che un k.o. non fa certo bene, ma se prendiamo in considerazione quello che accade in altre discipline, come il calcio, ad esempio, gli infortuni sono molto più frequenti, soprattutto quando si parla di spalle slogate o problemi ai legamenti. Se sul quadrato si è ben preparati si può giocare di tecnica, è uno sport duro, ma è una scelta: i due atleti accettano di lottare, nessuno li obbliga. La vera violenza purtroppo è quella fatta su una donna, su dei bambini indifesi, in una guerra dove i soldati si uccidono, non in questo sport. Questo sport è riscatto e purtroppo qualche volta a farne le spese è il meno dotato; questo è un po’ cinico, lo ammetto, ma l’emozione di sentire al microfono il proprio nome prima del match è adrenalina pura e a me questa sensazione fa impazzire (sorride, n.d.r.)».

1477937_565954440163774_902010590_nQuante volte deve allenarsi un professionista in questa disciplina?

 «Tutti i giorni, anche due volte al giorno se si è sotto match. Ogni mattina faccio 7 km, la Domenica 12. La sera dopo il lavoro (sono parrucchiere alla Jean Louis David al centro commerciale di Montebello) si va in palestra con l’allenatore Luciano Bernini e facciamo vari lavori di resistenza e di potenziamento, ripetute al sacco e sparring con altri pugili due volte la settimana».

Riesci a ritagliarti del tempo per te stesso?

«Amo farmi tatuare dal mio migliore amico, il tempo libero lo passo con lui nel suo negozio e la domenica pomeriggio andiamo a fare shopping con la mia zietta acquisita, la dottoressa Grazia Zerba, che voglio salutare. Poi devo trovare assolutamente il tempo per le mie amiche, così evito di sentire troppo la mancanza della mia famiglia e di mia madre. Mi piace molto anche ascoltare la musica, hip hop e rap in particolare».

Per chiudere, rivelaci il tuo obiettivo…

«Mi sto avvicinando pian piano al titolo italiano, manca qualche punto in classifica e non vedo l’ora di arrivarci… poi da lì vedremo».

nicola federici

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