C’è un banco con tre sedie e due microfoni al centro della Sala Conferenze del Broletto, la cui entrata è nascosta in via Paratici. Vi si presenta La Costituzione in Officina, un libro curato da Francesco Rigano e si prende questo evento come pretesto per una piccola conferenza sul tema della Costituzione e delle modifiche relative ad essa. La professoressa Silvia Illari, che ha collaborato alla stesura del libro, introduce la serata con un programmatico e inamidato discorso, che riassume alcuni punti salienti della storia giuridica in materia costituzionale. Lei stessa loda l’iniziativa dei quindici autori, tutti accomunati dall’appartenenza all’ateneo pavese che, attraverso la Pavia University Press, è editore del volume.
Il dottor Drigani, uno trai più giovani fra gli scrittori coinvolti, ha il compito di specificare le motivazioni dell’opera: da un lato vi è la lentezza delle risposte politiche, dall’altra la volontà di trovare mezzi e metodi per aggiornare una macchina statale arrugginita. Drigani spiega la scelta del titolo, che identifica un ambiente di lavoro, quello dell’officina, più vicino al popolo; allargare il ventaglio degli «spettatori della materia» è dunque un obiettivo programmatico del libro. Il sottotitolo, «il primo intervento urgente», sta ad indicare la scelta di dedicarsi solo ad alcuni dei problemi ritenuto dagli autori urgenti per Drigani individua il primo problema nel sistema parlamentare, motore delle moderne democrazie. Accanto a questo vi è, ovviamente, il dibattito sulle modifiche alla Costituzione, ma anche il sistema elettorale e il ruolo dei partiti all’interno dello Stato. Nell’ottica di individuare un miglioramento si è dunque ritenuto necessario, individuare i rimedi ai guasti più importanti del sistema, contenuti in un capitolo a fondo libro.
Il punto di contatto tra questi primi interventi e la lezione di storia costituzionale dell’onorevole professor Virginio Rognoni sta nella necessità di mantenere lo spirito e la sostanza della costituzione, utilizzando strumenti di restauro anziché modifiche dirette. L’intervento del professore lo si deve, per sua stessa ammissione, all’argomento trattato e alla cortesia dell’invito che gli è stato rivolto. Egli stesso dice di non sapere come aiutare «l’assemblea» che si è radunata in quella stanza (una abbondante quarantina di persone di tutti i sessi e le età). Rognoni è inoltre un non costituzionalista, e quindi fermamente contrario ai cambiamenti nella Costituzione. Le motivazioni di tale scelta vengono giustificate dal fatto che la Costituzione «è la norma di base di una nazione in itinere». Volerla cambiare significa togliere fondamenta allo Stato. Il professore, a conclusione dell’ampio intervento storico, loda “La Costituzione in Officina” per aver saggiamente individuato quella che, a suo avviso, è l’approccio più adeguato al tema della modifica costituzionale. Per Rognoni i costituzionalisti devono essere le sentinelle della costituzione e la loro presenza, afferma, rassicura i politici nel loro lavoro.
La serata si conclude con gli interventi di due autori, nascosti fra il pubblico. Il curatore del progetto, Francesco Rigano, si sofferma sul fatto che l’opera, pur essendo dichiaratamente non esaustiva, non è forse riuscita a coprire alcuni dei punti che, a suo parere, sono fondamentali. Un esempio su tutti è il rapporto con l’Europa e con il federalismo sovranazionale. Rognoni risponde che, effettivamente, i giochi politici sembrano ormai costruiti all’esterno della nazione, ma che non sa cosa consigliare ai costituzionalisti per aiutarli nell’approccio alla integrazione europea.
Ultimo a parlare è Ernesto Bettinelli, che afferma di essere «il più vecchio degli autori», chiudendo così idealmente il cerchio degli interventi degli addetti ai lavori. Egli si sofferma sia sulle parole di Rigano, che su quelle dell’amico Rognoni, parlando di quanto sembrino a lui necessarie alcune modifiche anche a livelli più basilari, come nella definizione delle circoscrizioni elettorali. Bettinelli si congeda con una frase di Jean-Antoine Caritat de Condorcet che, alla vigilia dell’Encyclopedie, si chiedeva: “chi è degno di scrivere?”.
Mentre Rognoni liquida uno dei postulanti, redarguendo su parole troppo pesanti come impeachment e «denuncia», la profondità dell’argomento inizia a farsi sentire e la premessa della serata viene forse a mancare. Un certo tecnicismo è infatti stato messo in gioco dagli interventi di Rigano e Bettinelli che, tuttavia, non guasta la discussione e poteva forse donare alla serata un tono differente fin dall’inizio: quello di una tavola rotonda in cui i vari autori, in qualità di scienziati della Costituzione, potevano esplorare il loro punto di vista sull’argomento e gettare nuovi sguardi al futuro. Peccato che il tavolo avesse solo tre sedie e due microfoni.
daniele fusetto