Giovani e opportunità #8: alla ricerca di talenti con le Business Competition

Business Game, Business Competition… ma di cosa si tratta? Per chi non ha dimestichezza con internet, tanto meno con l’inglese, stiamo parlando letteralmente di “una competizione/gioco on line a carattere aziandale” ovvero una simulazione strutturata di gestione d’impresa in una realtà virtuale basata su parametri presi direttamente dal mercato.
Negli ultimi anni c’è stato un boom di questi giochi, su iniziativa di istituzioni universitarie, di organizzazioni volte a diffondere la cultura imprenditoriale e di imprese che hanno visto nel business game uno strumento strategico importante.
Sia nel 2012 che nel 2013 ho avuto l’opportunità di partecipare a due simulazioni, la prima era organizzata da un istituto di formazione imprenditoriale brasiliano Sebrea (Desafio Sebrae), la seconda da un’impresa di consulenza strategica e organizzativa, la Bain and Company. In entrambe le competizioni era richiesto di essere universitari, nella prima competizione si giocava a squadre, invece nella seconda – un contest italiano – in modo individuale. Ogni settimana di gioco equivale generalmente a un trimestre o quadrimestre, periodo in cui è necessario analizzare le informazioni rilasciate dal gioco stesso per prendere delle decisioni aziendali su quanto e per cosa spendere (investimenti, marketing, risorse umane, finanziamenti ecc… ).
Chi ama i calcoli e le difficoltà ha trovato pane per i suoi denti, infatti le piattaforme vengono realizzate per essere più vicine possibili alla realtà e testare l’abilità dei giocatori nel campo del management.
Detto ciò, sembrerebbe una delle tante idee di videogame che il mercato ci propone, come i nintendo dove si può cucinare, allenare la mente oppure la wii che ci permette di fare yoga e attività fisica. Il principio è lo stesso, ma l’obiettivo non è fine a se stesso. Infatti, organizzare un business game richiede molto più della realizzazione del gioco in sè e la sua commercializzazione.
Cosa guadagnano le imprese e le organizzazioni dal lancio di una Business Competition? Innanzitutto visibilità e quindi marketing. Attrarre nel proprio gioco milioni di studenti e neo laureati porta inevitabilmente a un riconoscimento del proprio brand, specialmente per mezzo del passaparola.
Il secondo vantaggio è legato al settore ricerca e sviluppo: uno strumento che unisce così tante teste, può essere utilizzato per raccogliere dati aziendali utili. Le imprese hanno la possibilità di analizzare il proprio target, i trend e le aspettative del cliente.
Chi seleziona il personale nelle aziende affronta molte difficoltà nel trovare la risorsa giusta di interesse. Esistono diversi modi per posizionare un offerta di lavoro, ma assicurarsi che il candidato sia esattamente chi stiamo cercando, non è così semplice. Il Business Game è una soluzione innovativa che permette agli HR manager e recruiter in generale di poter unire l’utile al dilettevole, poter attrarre determinati profili e analizzarli simultaneamente attraverso le loro decisioni di gioco.
Non è un caso infatti, che questi giochi abbiano come premi fondi per progetti, formazione gratuita, stage con obiettivo di inserimento in azienda.
Essendo un’amante dell’educazione non formale, non posso che essere pro giochi che stuzzicano la logica e l’ingegno. Stimolare competenze quali l’organizzazione, l’analisi, la gestione e la leadership è un valore aggiunto rilevante nella costruzione del proprio profilo professionale.
Come per l’impresa, il Business Game è quindi un vantaggio anche per i partecipanti, un modo semplice e divertente per farsi notare, per allenare la mente e, per i più fortunati, vincere un’opportunità in modo originale.
Per chi fosse interessato a provare, basta cercare “Business Game o Business Competition” on line, vi segnalo quello proposto da L’Oreal (clicca qui) e Ernest&Young (clicca qui), ma ne potete incontrare a milioni se spaziate fuori dai confini italiani.
Il business game è un vero strumento che aiuta il mondo del lavoro ad essere visto come “un gioco da ragazzi” e non come una giungla impossibile.

giuseppina cuccurullo

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