L’avatar di Alessandro è un X-man. Io ho una maglia di Wolverine. È un perfetto inizio. Mesi fa avevo tentato una intervista tramite skype. Quello fu invece un inizio incerto. Con gli Ylium l’incertezza ce la regala la connessione internet: una affascinante bassa resa grafica in cui parti dell’immagine diventano grossi quadratoni (credo lo chiamino macroblocking). Parti dei loro volti e della loro stanza rimarranno così per sempre nella mia mente: puro colore.
Certo, essendo loro in Veneto e io in Lombardia, l’unica soluzione è questa e sperare che la connessione regga quanto basta. Intanto mi chiedo—
Alessandro Cavazzana: «—ci vuoi chiedere com’è il nostro ambiente!».
S.G. : «Hai dei superpoteri e non me l’hai detto?».
A.C. (ride): «Quando ci hai contattato ci siamo informati e abbiamo letto qualcosa di tuo».
S.G. : «Sono lusingato!».
Marco Rodella: «Per quanto riguarda la risposta alla domanda, è un po’ difficile essere succinti. C’è tanto dalle nostre parti, parliamo di un territorio di chilometri in cui le band cambiano genere ogni cento metri».
A.C.: «Verso la zona bassa di Venezia suonano molto metal core, a Rovigo invece grunge vecchio stile – anche se è più frammentata la situazione. C’è molta commistione con lo stoner rock e qualcosina preso dal post-rock. Ah, anche sonorità elettroniche».
S.G. : «Però tutti mi dicono che iniziano dal punk».
A.C.:(ride): «Anche per me è stato così. Forse perché è un genere in cui ti buttavi, non avevi grosse difficoltà a suonarlo e corrispondeva forse allo spirito dell’epoca – parlo del periodo in cui eravamo veramente giovani, quando uscì Americana degli Offspring».
M.B.: «Il periodo delle superiori! Io però ascoltavo anche generi più pesanti!».
A.C.: «Avevo altri interessi pure io. Però il punk ha il suo fascino: tutti quei post-qualcosa di ieri, come di oggi, nascono da lì – forse perché è un genere di rottura delle regole».
S.G. : «Voi dove siete nati?».
A.C.: «Da un gruppo che si chiamava Bunch of Dimes e suonava del rock classico con influenze. In realtà tutto risale al 2009 e suonavamo delle cover hard rock. Ma ci siamo stufati presto sia del rockabilly che dei brani stile Motorhead».
S.G. : «Ylium come si inserisce nella storia?».
A.C.: «Con i Bunch abbiamo anche fatto un demo di 4 tracce nel 2010 e poi da lì abbiamo iniziato a sperimentare».
A.C.: «L’idea vera di Ylium è venuta fuori nel 2012. La sfida è sempre stata quella di evolversi. Gli strumenti classici davano pochi stimoli ormai. Per noi tale evoluzione è stata, prima di tutto, la sperimentazione sulle strutture…».
M.R.: «Credo sia normale per un artista non legato ad un certo genere o movimento, c’è una sorta di naturale inclinazione a cambiare. Sicuramente il nostro prossimo disco sarà diverso, non so come o in cosa, ma lo sarà».
A.C.: «La vera rivoluzione per noi è venuta con l’elettronica. Abbiamo messo il beat in una scatola, ho iniziato a portare in saletta la drum machine e a inserire parti elettroniche. Poi è arrivato l’IDM (a ridosso del 2011) e… insomma, è venuto fuori un insieme di tracce che sono state poi registrate dall’estate del 2012 al gennaio dell’anno successivo».
M.R.: «Le stesse tracce sono state poi rimasterizzate e aggiunte all’album uscito proprio pochi mesi fa».
S.G. : «Il nome Ylium ho letto che viene da un worktitle di una vostra canzone, ma cosa significa?».
A.C.: «A parte il fatto che sei il primo ad azzeccare la storia, non ci siamo mai chiesti il significato della parola».
M.R.: «La storia è questa: avevamo il worktitle e ci piaceva così tanto che è divenuto poi il nome del gruppo. Per sostituire il nome della canzone abbiamo usato un acronimo, Your Life in Unique Meaning, che però a volte viene scambiato per essere il senso del nome del gruppo!».
A.C.: «Quindi ci teniamo a dire che Ylium non è una acronimo, ma è la canzone ad avere come acronimo il nome del gruppo».
S.G. : «Anche per i testi preferite non porvi un senso?».
A.C.: «Noi ci concentriamo molto sul suono e sulla linea melodica, sulla loro resa. Il meaning delle canzoni varia molto dal contesto che hanno alle spalle, dall’esperienza a cui si legano – però non c’è allo stesso tempo nessun messaggio pre-costruito».
A.C.: «Ci hanno anche riferito di una certa qualità immaginifica dei nostri testi, che è casuale, ma esiste. Possiamo anche definirci dei cantautori al contrario, perché partiamo molto dalla struttura musicale. Non so sei ci hai fatto caso, ma nel nostro recente disco, Empire of Light,si sente l’assenza di strutture canoniche e di “parti che ritornano” – i fan dicono che mancano i ritornelli!».
S.G. : «Parlando dell’album, la sua copertina mi ha colpito molto».
M.R.: «Come avrai capito il concetto di fondo era quello della lampadina, in connessione all’impero di luce del titolo».
A.C.: «Il concept è nostro, ma l’artwork è stato realizzato dai ragazzi della TWO di Udine che hanno saputo creare una splendida immagine minimalista di ottimo impatto e hanno inoltre curato anche l’intera grafica dell’album».
S.G. : «Dove possiamo ritrovarvi live?».
A.C.: «Sicuramente a Trento ad ottobre per il Festival della nostra etichetta, la Seahorse Recordings».
M.R.: «Poi nella zona di Rovigo e del basso veneto faremo sicuramente qualche data. Saremo anche a Ferrara, il 17 ottobre al New Die Hard».
S.G. : «Visto che mi avete letto saprete certo la domanda di rito».
A.C.: «Giovani o coraggiosi?».
A.C.: «Direi che abbiamo un passato giovane, ma è più appropriato dire che siamo coraggiosi: alla fine la nostra musica possiamo definirla come ragionata, quindi lontano dalla ribellione e dagli aspetti di cui parlavamo per il punk».
M.R.: «Inoltre il coraggio fa tendenza!».
Concludo l’intervista qui, ma passo qualche altro tempo con loro a chiacchierare di musica e di fumetti. Settimane dopo, di ritorno dalle vacanze, con mille idee in testa assalto il foglio d’appunti pensando disperato: «riuscirò a ricordare tutto o cadrò in macroblocking?».
Beh, sappiate che i musicisti ne sono immuni.
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spirito giovane