Fotografia di Pierino Sacchi
La leggenda. Tanto tempo fa viveva a Pavia un giovane pescatore che aveva ereditato dal padre una rete fatata che pietrificava tutto ciò che toccava. Il giovane, per non svelare la magia, usciva di notte e dalla barca gettava la rete in Ticino, pietrificando così tutti i pesci che la rete toccava. Una volta colma tornava a riva dove, tolti i pesci dalla rete, questi si rianimavano.
La gente ogni giorno accorreva per vedere l’enorme quantità di pesce pescato e, fra la folla, capitò anche la figlia di un centurione romano. Il giovane pescatore e la ragazza presto si innamorarono, purtroppo, contro il volere della matrigna di lei che avrebbe voluto ben altro per la figlia di un centurione..
I giovani incominciarono così a vedersi di nascosto, all’imbrunire, ma la matrigna, sospettosa, indossato il mantello del marito e abbigliatasi a mo’ di maschio, un bel giorno seguì di nascosto la fanciulla.
Trovò così i due giovani proprio sulla sponda del Ticino e, avvicinatasi, si fece riconoscere. Con una rapida mossa il giovane pescatore lanciò sulla donna la rete magica e di colpo il corpo della poveretta si trasformò in statua, cadendo rovinosamente a terra e rotolando verso l’acqua, attorcigliandosi la rete attorno al collo.
I due giovani fuggirono in barca illuminati dalla luna e il Ticino, che la leggenda narra fosse il padre del giovane, con poderose ondate, trasportò la statua nel centro del fiume, cancellandone le sembianze affinchè, anche se ritrovata, non potesse svelare la propria identità.
Tanto e tanto tempo dopo la statua fu ripescata e trovata con ancora la rete arrotolata al collo e, poichè nessuno riuscì a comprendere chi rappresentasse, la chiamarono il Muto dall’accia al collo.
La statua fu deposta in una nicchia di porta Marica delle vecchie Mura e per renderla stabile fu praticamente ricoperta di intonaco, lasciandone scoperto solo il viso: sembrava un bassorilievo e non una statua.
La statua. Si tratta di una statua iconica di età romana con una testa non pertinente. Un tipo di statua cioè in cui il corpo era raffigurato secondo schemi/modelli standardizzati, sulla quale veniva inserito (in un incavo predisposto) il ritratto del personaggio rappresentato, che era invece aderente alla realtà.
In questo caso abbiamo un togato, vestito della toga exigua (corta), un tipo di abito che ha diffusione in età repubblicana fino agli inizi del I secolo d. C. La toga è caratterizzata dal sinus, il ripiegamento a matassa della stoffa che ha determinato la popolare denominazione di “accia” al collo (dal latino tardo acia = matassa). Ai piedi è posto uno scrinium, una sorta di cesto, che contiene i volumina: possiamo dunque pensare che si tratti di un personaggio politico, un magistrato forse, comunque un personaggio importante con una carica pubblica. È quindi possibile che questa in origine fosse una statua onoraria posta in un luogo pubblico (anche se la statua togata si trova spesso in ambito funerario, quindi in una dimensione più privata, ma sempre per una persona di una certa importanza e ricchezza).
Non sappiamo chi fosse il personaggio raffigurato, perché non c’è un’iscrizione che permetta di identificarla e perché la testa ritratto non è quella originaria. Alcune caratteristiche, infatti, come la presenza della barba, il trattamento dei capelli, gli occhi infossati indicano una datazione al II secolo d. C. La statua dunque è stata riutilizzata per “sostenere” un’alta testa, più recente di un secolo. Si trattava comunque, anche in questo caso, del ritratto di un personaggio ufficiale, perché porta la corona sul capo.
Il viso è completamente consunto, perché ha avuto (come il corpo) una lunga esposizione all’aperto: l’abrasione della bocca ha generato la denominazione di “Muto”.
Infatti, la statua era reimpiegata sulla Porta Marica o Marenga, la porta occidentale della cinta muraria, e dopo la demolizione della porta nell’Ottocento venne murata all’angolo della via che ne porta ancor oggi il nome.
Un’altra leggenda sulla statua è riportata da Opicino de Canistris, il quale dice che la città di Pavia si fonda sulle 4 virtù cardinali, le cui immagini sono poste in punti significativi: l’“ymago Iustitiae” si trovava sulla porta occidentale ed è descritta come un uomo che ha al collo un’“acia”. Non è altro che la nostra statua, che quindi già nel XIV secolo aveva questa denominazione popolare. (tratto da arte.it)
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