Pavia: la leggenda dell’angelo della peste

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Fotografia di Marco Rognoni

La leggenda dell’Angelo della peste racconta che all’epoca in cui S. Damiano era vescovo di Pavia, la città fu colpita da una tremenda pestilenza che decimò la popolazione.
Molti pavesi fuggirono sulle colline e nelle campagne, mentre per la città deserta, durante la notte, avveniva un fenomeno strano.
I pochi rimasti in città potevano infatti vedere due angeli, uno vestito di bianco e uno di rosso, che si aggiravano per le vie.
L’angelo bianco, angelo della vita, impugnava una spada fiammeggiante e tentava di scacciare l’angelo rosso. Quest’ultimo, angelo della morte, percuoteva le porte delle case cittadine: tanti i colpi dati, tante le persone che sarebbero morte nell’abitazione il giorno successivo.
S. Damiano, che aveva tentato di tutto per far cessare la peste, ispirato da Dio, fece portare da Roma la reliquia del braccio di S. Sebastiano.
La sacra reliquia, portata in processione per la città, operò il miracolo invocato: animò l’angelo bianco. Seguendo il percorso della reliquia, giunto in Strada Nuova e incontrato l’angelo rosso, gli fu facile allontanarlo dalla città, insieme alla peste, facendogli attraversare l’antica Porta Ticino all’imbocco del Ponte Coperto.
A ricordo del fatto, i pavesi fecero murare in Strada Nuova, sull’angolo con via Bernardino Gatti, un angelo in marmo bianco col braccio teso verso Porta Ticino ad indicare la miracolosa cacciata della peste.

 

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