“Spotify. Ricerca. As-te-ni-a. L’ho scritto bene. Ottimo, invio. Cerco, cerco, cerco… eccoli”.
“Apri il profilo artista; non è questo, è l’altro, con gli alberi grigi. Eddai – dannata connessione, apriti!”.
“Ah, due EP? Pensavo uno… senti, senti”.
[Due ore dopo].
Tu-tu. Tu-tu. Tu– “Pronto”.
“Pronto, Riccardo?”.
“Si, ciao!”.
“Il vostri EP spaccano”.
[Riccardo ride e iniziamo a parlare].
S.G. «Coraggio o innovativi?».
Riccardo «Posto di fronte a due porte ti dico coraggiosi, ovviamente. Coraggio può rappresentare anche una persona dotata di una propria etica che, nonostante gli stravolgimenti attorno a loro, tira dritto per la sua strada… anzi, forse proprio perché prima o poi questi stravolgimenti capitano a tutti, il coraggio può anche essere un elemento di unione tra persone che condividono una stessa etica».
S.G. «Siete un quartetto che ha da poco avuto un cambio di line-up al basso: com’è andata la selezione?».
Riccardo «Stiamo già lavorando con un ragazzo in pianta stabile: è arrivato e si è messo subito in pari con quanto fatto da noi precedentemente. All’inizio abbiamo fatto una scansione di vari papabili candidati… poi non c’è stato un “vincitore”, non era un concorso: s’è scelto quella persona che ci ha dimostrato di essere più reattivo, che è riuscito a mettersi le mani su canzoni già scritte e su cui noi eravamo ormai rodati con maggiore semplicità e velocità degli altri».
S.G. «Venite tutti dalla stessa esperienza musicale?».
Riccardo «Beh, teniamo conto che io e Gianluca siamo i membri più “anziani”: io sono arrivato in un secondo momento, lui c’era già alla formazione iniziale. Io e lui siamo già di due culture e origini musicali diverse. Io credo che le differenze di gusti sono fondamentali per i musicisti, perché dall’unione, dalla convergenza o anche dallo scontro, perché no, di questi gusti può nascere qualcosa di nuovo. Noi rispecchiamo un po’ questo: Alessio, il chitarrista, è diverso da me, perché ha un tocco morbido da bluesman; io sono un grande fan del rock americano e dei Foo Fighters, soprattutto per Dave Grohl che è una figura “sana” della musica odierna; Gianluca appartiene più al filone inglese, adora più le atmosfere rarefatte e anche elettroniche. Certamente, ogni membro deve avere una funzione precisa che vada al di là del genere di riferimento. Ad esempio, io come batterista nel mio gruppo devo avere un drumming che sia incisivo; Gianluca come cantante deve costruire atmosfere, come anche Alessio, che però ha anche in mano il portamento del pezzo. In questa funzione, il percorso personale serve; ma la chimica dei membri è anche quella fondamentale».
S.G. «In che genere vi riconoscete?».
Riccardo «Abbiamo un genere di riferimento, una chiara idea di dove andiamo a posizionarci: ci piace molto come concetto il pop maturo; ci rendiamo conto che nel mondo della musica c’è difficoltà nell’uso dell’italiano nel rock, così ci connotiamo verso un genere che strizza l’occhio sia ai Coldplay che all’Inghilterra… poi è una strada che stiamo ancora percorrendo, il nostro genere potrebbe essere in evoluzione e in itinere, si può evolvere».
S.G. «Alcune vostre canzoni mi hanno ricordato molto il post rock come genere, ad esempio Quello che non ho, il singolo del nuovo EP».
Riccardo «Bravo! Hai toccato un punto interessante… siccome bisogna essere molto aperti alle sonorità (io poi vengo proprio dal post rock e dallo stoner), non c’è necessità di chiudersi all’interno di un recinto. Ascoltando il pezzo più volte ci siamo accorti che era un pezzo abbastanza desertico, con una ritmica particolare che si avvicina ai miei generi; per questo motivo abbiamo rallentato il pezzo, anche per portare il messaggio della canzone in modo più enfatico. Diciamo che forse da questa partenza involontariamente si è arrivati a strizzare l’occhio al post rock».
S.G. «Senza di te invece è molto rock!».
Riccardo «[Ride, ndr] Sì, quello è lo sfogo dell’EP!».
S.G. «Parliamo anche di In un attimo: molto british, vicino all’unplugged rock molto asettico…».
Riccardo «Sì, esatto! Ci siamo, è proprio l’idea che avevamo in mente».
S.G. «Per finire la carrellata di pezzi, parlami di Les Ulis del vecchio EP. È molto vicino alle origini del post rock… parlamene un attimo!».
Riccardo «Adesso il pezzo ha cambiato forma, è diventato molto più pesante da live: è il nostro cazzotto in faccia da apertura di concerto. Iniziamo sempre con quel pezzo, ci siamo affezionati; è nato come post rock, con quei due accenti di cassa che tornano in modo ossessivo… il mio desiderio sarebbe costruirci attorno una sorta di cattedrale un po’ più Nine Inchs Nails…».
S.G. «Ma quindi da live applicate delle differenziazioni rispetto agli EP dei pezzi».
Riccardo «È una normale conseguenza del fatto che cambiano gli elementi che suonano insieme a te! Chiaramente dobbiamo cercare di riproporre la stessa cosa, però interiorizzata e modificata; non ci distacchiamo però molto dall’originale perché diventerebbe troppo spiazzante per il pubblico e diventerebbe un lavoro infinito… mentre vogliamo lavorare a pezzi nuovi, magari con la sensibilità di oggi! Però hai ragione, adesso che ne parliamo mi rendo conto che Milano, ad esempio, la presentiamo da vivo in una versione con più climax all’americana che british, con le parti melodiche sottolineate. Così la persona viene coinvolta, un po’ come a teatro; gli metti di fronte la canzone in modo coinvolgente».
S.G. «A proposito: quanto pesa la geografia delle vostre origini nelle composizioni che scrivete?».
Riccardo «Tantissimo. C’è una tendenza che noi già abbiamo vissuto, ognuno di noi degli Astenia. Sai, a volte viaggi e visiti delle città e in quei luoghi lasci qualcosa; è una tematica che diventerà forte in futuro. Ad esempio, Les Ulis è una città francese e, almeno per me, torna: colui che l’ha scritta è Edoardo, il vecchio bassista e co-fondatore. Fece una vacanza francese lì, lascio delle questioni in sospeso e poi tornò a chiuderle; Milano è una successione della tematica dei ricordi e dei colori che lasci in qualche luogo. Io stesso poi ho vissuto a Milano per qualche tempo, così ci siamo ritrovati sulle atmosfere del pezzo. Attualmente la nostra formazione invece è un po’ sparsa: io e Gianluca siamo verso il mare, abbiamo l’influenza della salsedine; mentre gli altri sono del centro e del nord».
S.G. «Com’è la situazione dei live dal tuo punto di vista?».
Riccardo «Non penso che ci sia qualcuno che ti abbia risposto a questa domanda in positivo, purtroppo! Magari ci sono delle piccole realtà che lottano contro una situazione particolare che ci investe nel quotidiano… ovvio che l’arte diventa secondaria rispetto a delle necessità primarie; parlo a livello di spinta, di consumi, di forza d’acquisto dei consumatori. Questo è cambiato e dobbiamo tenerne conto. Io ho iniziato a girare attorno ai diciott’anni anche all’estero: prima la situazione era difficile, ora quasi impossibile! Tolti alcuni porti franchi che fanno equilibrio tra cassa e qualità del gruppo, per il resto i gruppi non vengono pagati forse il giusto; non parlo di arricchirsi, ma di essere rispettati per quanto fanno. Una visione non condivisa dall’80% dei proprietari di locali. Adesso quando ti muovi per suonare, non puoi più accettare compromessi. Prima le cover band coprivano tra l’altro l’esigenza dei locali di avere musica a basso costo; ma quel fenomeno ha consumato la voglia di consumare musica, rendendola come andare al cinema per i blockbuster. Ha asciugato la curiosità verso la musica inedita, che certamente non deve essere l’unica presente nei locali… ma vedere riempire le serate sovrasettimanali ancora con le coverband: è triste. Sono tornato anche a Milano recentemente (io frequentavo le Officine Meccaniche) e ho chiesto in giro: tutto morto».
S.G. «Il 9 di Ottobre avete avuto l’esordio con la nuova formazione. Dopo quella?».
Riccardo «Proprio per la storia di non accettare compromessi, siamo ancora in via di definizione di un calendario; sicuramente nell’inverno saremo anche al nord. Per rimanere aggiornati con i nostri eventi potete consultare la nostra pagina Facebook, saremo pronti per pubblicare le date appena confermate!».
Ringrazio Riccardo, che mi saluta con “è stata una bella mezzora passata insieme”.
Toh guarda, anche i loro EP sommati fanno trenta minuti – una bella mezzora anche quella, non c’è che dire.
spirito giovane