Kurtz sta bene – gode di ottima salute. Molti artisti ci hanno abbandonato in questo periodo, ma per Kurtz manco una linea di febbre. Chi è Kurtz? Ce lo spiega Andrea della band Stanley Rubik, che ha presentato l’11 dicembre il nuovo disco intitolato, appunto, “Kurtz sta bene”.
Spirito Giovane «Da dove viene il vostro curioso nome?»
Andrea «È stato un processo di ricerca abbastanza lungo [ride, ndr]. Volevamo una cosa violenta, assurda, che facesse ridere per il suo essere paradossale. Abbiamo preso spunto dal cinema perché siamo tutti e tre appassionati e anche perché la componente elettronica dei nostri pezzi vorrebbe essere immaginifica, visiva, un po’ da colonna sonora – cinematica, direi. Poi, perché proprio Stanley Rubik… non saprei dirlo in dettaglio! È stato il primo nome a farci ridere tutti quanti, a comunicarci sia la vena cervellotica del progetto, sia quella ironica e, in un certo senso, le influenze più pop. Perché, se ci pensi, il Cubo di Rubik è un oggetto enigmatico, ma anche di massa. C’è anche l’effetto di spiazzamento alla lettura del nome, uno spiazzamento che ci faceva piacere trasmettere e che credo faccia sì che il nome rimanga impresso».
Spirito Giovane «Com’è nata la vostra line-up?»
Andrea «Abbiamo iniziato in realtà come quartetto con due chitarre tra cui Gianluca, Dario al basso e io alla batteria; il primo Ep, La Pubblica Quiete, è stato registrato così nel 2013. Poi l’altro chitarrista, Domenico, per motivi personali ha dovuto rinunciare e ci siamo ritrovati in questa formazione in power trio nella quale, però, ci troviamo benissimo, riuscendo a valorizzare meglio il ruolo delle sequenze elettroniche e tutta la parte digitale. Ergo, alla fine siamo noi. Dario basso e voce, Gianluca a chitarra e io alla batteria; poi ognuno di noi si occupa anche di alcuni synth e parti elettroniche»
Spirito Giovane «Cos’è Kurtz sta bene? Un concept album?»
Andrea «Non parlerei proprio di concept in senso stretto, veniamo tutti da ascolti anni ’70 con i grandi gruppi del passato (tipo i Genesis), ma non farei un riferimento a quel mondo e a cosa significasse lì concept album. C’è una continuità tra le tematiche dei brani, ma non c’è una storia che si dipana anche perché i nostri testi sono molto personali – e la narrazione è sempre onirica. Col titolo volevamo trovare un filo conduttore che sottolineasse le tematiche e abbiamo pensato di rifarci a Walter Kurtz, altro riferimento cinematografico al cattivo di Apocalypse Now. Kurtz è una figura archetipica, l’antagonista tipico di una storia che, però, a pensarci bene, nel suo ruolo di ribellione e fuga dalla gerarchia (in particolare quella bellica) rivela di essere forse più saggio di tutti gli altri personaggi. Ecco, la lettura di questo Walter Kurtz che facciamo è anche in chiave generazionale, come simbolo sia della ribellione (questa “follia razionale”), sia di un ricambio generazionale che alla fine non avviene mai – lui effettivamente è un vecchio “boss” ucciso da un suo “collega” più giovane e sostanzialmente (presumibilmente) sostituito. Il senso di Kurtz sta bene è che, nella realtà di oggi, i vari “Kurtz” che ci circondano stanno benissimo e non hanno nessuna intenzione di lasciare il loro posto come invece ha dovuto fare il Kurtz del film».
Spirito Giovane «È un mondo perfetto per loro»
Andrea «Sì, diciamo di sì. In parte alcuni testi, come Edipo, fanno riferimento proprio a tale argomento, a questa battaglia generazionale e questo problema del ricambio».
Spirito Giovane «C’è anche una certa influenza della psicologia nei vostri testi, tra Edipo e Prognosi…»
Andrea «Certo, anche la stessa 10:10. Molti dei testi, che hanno scritto Dario e Gianluca, fanno parte di un processo che potrei definire di auto-analisi e si fa dunque un riferimento a questa operazione, che è però personale; il fatto che la narrazione si mantenga però sul binario onirico permette a ciascun ascoltatore di leggere qualcosa in più di quanto noi volevamo trasmettere».
Spirito Giovane «Molte le vostre influenze – secondo me ne manca una, un po’ di influenze dai Leprous, non so se li conosci: è un gruppo prog nordico…»
Andrea «Leprous? Mi mancano. Io e Gianluca ascoltiamo anche metal, ma non li conosco».
Spirito Giovane «In realtà la domanda è: queste influenze vengono da ascolti comuni oppure ognuno di voi proviene da un retroterra musicale differente?»
Andrea «Direi più che altro un melting pot di influenze ed ascolti molto diversi, perché in realtà tutti e tre abbiamo un obiettivo comune che cerchiamo di raggiungere con un vissuto musicale pregresso molto personale. Quando si scrive è sempre un processo di negoziazione, di compromesso creativo che poi, alla fine, è la parte più stimolante e di valore aggiunto… Dario viene più dall’elettronica, da certi suoni della warp, o comunque elettronica moderna; Gianluca spazia dal metal alla new wave, e musica anni ’80 (anche The Cure, per dire). Io sono personalmente più sul lato progressive (rock e metal): ti posso citare i Tool. Poi ovviamente anche io ascolto elettronica o musica anni ’80, ma è come se ognuno di noi portasse un’esperienza più specifica che viene contaminata – e così nasce qualcosa di nuovo».
Spirito Giovane «La registrazione dell’album come è avvenuta?»
Andrea «Noi in realtà siamo partiti da un gruppo di brani e idee base di 15-20 pezzi, molto diversi uno dall’altro. C’è stato un lavoro di fino per ridurre le distanze e mantenere l’album omogeneo, che è stato poi coronato in post-produzione. Abbiamo inserito anche alcuni brani guidati dal pianoforte, Dario suona anche questo strumento e permette di ridurre la tensione del disco».
Spirito Giovane «Quanto ha pesato la scelta dell’italiano nella vostra band»
Andrea «Credo che sia stata la scelta più definitiva e cruciale. Ci siamo chiesti se fosse meglio essere esterofili con una lingua che si presta di più per il genere (l’inglese), ma perdendo immediatezza e un impatto più esteso e profondo sul pubblico. Alla fine abbiamo pensato che l’inglese ci avrebbe in realtà penalizzato, perché con l’italiano possiamo essere sia più diretti, sia più precisi. Scrivere in inglese non lo farai mai bene come con l’italiano – all’inizio ero personalmente scettico, ma poi mi sono dovuto ricredere. È stata una scelta tra le più sagge che abbiamo fatto e ci distingue dalle altre band. Ovviamente non è stato tutto roseo, perché l’italiano si presta più per musiche piane in quattro quarti e noi a volte usiamo tempi progressive; ma Dario e Gianluca hanno fatto un ottimo lavoro di equilibrio e di… fluidità. In modo che non ci fosse un effetto stridente all’ascolto».
Spirito Giovane «Come vi sembra il mondo dei live per band inedite emergenti?»
Andrea «Noi abbiamo girato per ora solo Roma e provincia, una volta a Livorno – ma perlopiù in zona. La scena romana mostra interesse per le novità in campo musicale, ma comunque c’è un po’ di saturazione. Gli spazi dove suonare non sono tantissimi, i locali più o meno sempre gli stessi e l’offerta dei gruppi è tanta; una volta che hai suonato in quei posti chiave è difficile arrivare a gente nuova. Ci aspettiamo molta curiosità e abbiamo ricevuto molti messaggi ed email di persone che ci hanno scoperto e ci chiedono quando andremo nella loro zona».
Spirito Giovane «Ergo… prossime date?»
Andrea «Abbiamo fatto la presentazione del disco l’11 di dicembre al Quirinetta a Roma e saremo il 16 Gennaio a Prato per la INRINight con Linea77 e La Colpa, poi il 22 Gennaio a Genova al teatro Bloser. Abbiamo altre date in lavorazione soprattutto al Centro-Nord che verranno confermate man mano quindi tenete d’occhio il nostro sito www.stanleyrubik.it e la nostra pagina Facebook!».
Abbandono la conversazione con Andrea pronto per un’altra – a quanto pare non soltanto i Kurtz, ma anche le band italiane emergenti stanno bene. Si muove molto sotto la coltre di nebbia e siccità che attanaglia il nostro paese e gli Stanley Rubik sono una delle band che si muove meglio e di più.
Continuate così ragazzi!
Spirito Giovane